Cercando di essere il più sintetici possibile sulla definizione, il field marketing comprende tutte quelle strategie di vendita che si svolgono per l’appunto “out in the field”, ovvero “sul campo”: sia questo rappresentato da un evento dal vivo come una fiera oppure come punto di retail vero e proprio. Gli scopi del field marketing differiscono sulla base del tipo di campagna e di prodotto che si vuole andare a promuovere; tuttavia, l’obiettivo comune resta il medesimo: rafforzare la brand awareness e migliorare il rapporto di fiducia con i clienti, allo scopo di aumentare le vendite in maniera mirata. L’approccio personalizzato al consumatore viene rafforzato dalla natura stessa di questa disciplina, che prevede un rapporto face-to-face ed una comunicazione di tipo diretto; grazie al brand engagement si sviluppa un maggior coinvolgimento del cliente, permettendogli di vivere l’esperienza del marchio e facendogliene abbracciare la filosofia in prima persona.

Questi criteri sono il mezzo ideale per l’avvio di nuove prospettive commerciali che andranno poi a svilupparsi all’interno di un discorso di marketing mix mediante dimostrazioni dal vivo, offerta di campioni gratuiti e quant’altro; tramite le strategie di field marketing è inoltre possibile riuscire a cogliere direttamente le esigenze del singolo consumatore, permettendoci di prospettare delle offerte conformi e aiutandoci a rendere il nostro brand professionale e amichevole allo stesso tempo. Se messa in campo a dovere, una buona strategia di field marketing porterà quindi ad un deciso innalzamento nei valori di brand e product awareness, facendo entrare il cliente in maggior sintonia con il marchio e instaurando un importante processo di loyalty.

Le campagne di field marketing: una veloce panoramica

Come già detto, una strategia field marketing si può sviluppare in diverse modalità in base alle necessità del brand. La tipologia più comune è probabilmente quella della dimostrazione sul campo: per le compagnie che lavorano nel ramo del food and beverage, è pratica quotidiana offrire dei campioni gratuiti dei propri prodotti all’interno dei supermercati e dei centri commerciali, ma anche durante fiere, manifestazioni e grandi eventi sportivi. In caso di prodotti non consumabili vale ugualmente il concetto di prova gratuita (si pensi ad esempio alle versioni demo nel caso di un software, o alla possibilità di testare un programma presso uno stand fieristico). Chiaramente per meglio sfruttare questa strategia molto diretta occorre una presenza costante di una figura specifica: un buon field marketer sarà indispensabile per organizzare tutto ciò che comporta una presenza fisica e costante sul campo. La dimostrazione del proprio prodotto si può anche unire al momento stesso dell’incontro con gli eventuali buyer, cercando di capitalizzarne l’interesse tramite mezzi tangibili e concreti; all’equazione si possono andare a sommare gli stand promozionali e tutto quello che riguarda le pratiche parallele di visual merchandising.

Facendo un piccolo passo a lato rispetto alle strategie appena esposte, va chiarito che la presenza sul campo non sempre indica un contatto diretto con il consumatore: ad esempio, un field marketer può avere anche il compito di sondare il territorio nei retail store, raccogliendo sul luogo d’interesse tutti i dati sensibili che possono servire a mettere in atto una strategia personalizzata; è fondamentale in ogni caso che la figura preposta si adoperi nel verificare in prima persona l’efficacia del materiale promozionale distribuito nei vari punti vendita, così da correggere in corsa eventuali errori e massimizzare l’efficacia delle proprie campagne promozionali.

Un altro esempio di promozione priva di contatto diretto con il cliente, ma di sicuro impatto, è anche la più rischiosa ed imprevedibile: si tratta del guerrilla marketing, una forma di pubblicità non convenzionale e molto aggressiva che fa leva su affascinanti meccanismi psicologici; uno degli esempi più celebri si può trovare nelle vie di Zurigo, dove McDonald’s ha rielaborato un passaggio pedonale lungo una strada del centro per fare assomigliare le strisce ad una confezione delle sue caratteristiche patatine fritte. Queste tecniche raramente necessitano di grandi investimenti, richiedendo piuttosto buone idee e tanta creatività; rappresentano comunque una forma concreta di presenza indiretta sul campo.

Organizzare una campagna di field marketing

Una volta elencate le principali strategie e modalità di field marketing è opportuno precisare che la prima mossa da compiere è sempre quella di studiare il proprio target di riferimento per scegliere la tattica più idonea. Le statistiche di mercato sono un buon punto di partenza, ma il field marketer può iniziare a operare proprio raccogliendo informazioni utili in tal senso; gli addetti alla vendita sono a loro volta delle figure fondamentali per collezionare i dati dei clienti nei retail shop e indirizzare così gli sforzi nella direzione corretta.

Una volta specificato il target si può iniziare a definire il luogo della nostra attività sul campo, anche perchè – come abbiamo visto – non è sempre detto che il field marketing debba aver luogo luogo presso uno dei nostri punti vendita. Ci sono diverse strategie, come la sopracitata guerrilla, le cui peculiarità richiedono una precisa e indispensabile pianificazione: l’obiettivo è sempre quello di tramutare l’interesse del cliente (o una sua curiosità) per un determinato prodotto in un’azione d’acquisto; anche le offerte dedicate o il couponing possono dare ottimi risultati se messi in atto nel punto giusto. Per lavorare direttamente sul campo, inoltre, sarà cruciale investire sul personale e nella sua formazione: figure quali brand ambassador e visual merchandiser sono i principali protagonisti di una azione field, ed è quindi assai importante che siano selezionate e formate adeguatamente; i corsi online o in aula fortunatamente non mancano e non vanno assolutamente sottovalutati.

Il field marketing nell’era dell’e-commerce, un concetto più vivo che mai

Secondo un recente sondaggio di Nielsen Europe, il 67% dei consumatori predilige ancora l’esperienza in store rispetto all’e-commerce ed agli acquisti tramite i grandi colossi del web. È un dato che lascia intendere chiaramente una cosa: investire sul field marketing e sulle attività connesse non è ancora (né lo sarà nel prossimo futuro) cosa vana, anzi. Catturare l’interesse del cliente sul campo rimane una strategia vincente che richiede però sempre più intuito, talento ed attenzione per evitare che le proprie tecniche si trasformino in fatali attività controproducenti. Capire l’evoluzione di questa specifica tipologia di marketing e riuscire a dominarla sarà essenziale per diventare un player di primo livello nel rinnovato futuro del retail.